ABANO.Più di un milione e mezzo di euro: è la somma sollecitata come risarcimento dalla famiglia dell’orefice ucciso ad Abano il 19 luglio scorso nel suo negozio di via Jappelli 19. Una richiesta formalizzata ieri mattina dall’avvocato Luigino Martellato del foro di Venezia per conto della famiglia di Gianfranco Piras, in particolare la moglie e le due figlie, in occasione dell’udienza preliminare che si è aperta davanti al gup padovano Nicoletta De Nardus. Udienza che è solo cominciata per proseguire il prossimo 9 novembre: sul banco degli imputati Maich Gabrieli, giostraio di 28 anni nato a Sandrigo, con residenza a Rosà, nel Vicentino in via Molino 9 e attualmente detenuto nel carcere di Gorizia, difeso dall’avvocato Cesare Dal Maso. Su di lui una marea di accuse pesantissime: dal concorso in omicidio volontario (quello, appunto, di Piras), all’associazione a delinquere allo scopo di commettere rapine a mano armata (ben dodici), dal porto in luogo pubblico e detenzione di armi (kalashnikov, pistole Beretta, pistole M57 di fabbricazione jugoslava), alla ricettazione e al furto delle innumerevoli macchine utilizzate per raggiungere o allontanarsi dai luoghi individuati per gli assalti, al sequestro di persona (i dipendenti di alcuni istituti di credito presi di mira). Maich Gabrieli, però, è venuto a patti con la giustizia. E di questo la giustizia non potrà che tenerne conto. Ecco perché il ragazzo, nonostante i precedenti penali, è stato ammesso dal giudice al giudizio abbreviato reclamato dal difensore Dal Maso. Un rito alternativo che, nonostante l’accusa di omicidio, gli consentirà di ottenere uno sconto di pena fino ad un terzo. Un rito al quale la pubblica accusa non si è opposta. Già perché è stato Maich Gabrieli, con la sua confessione lucida e articolata, a consentire l’identificazione e la cattura dei complici della tragica rapina di Abano, Fabrizio Panizzolo, il trentaquattrenne di Campolongo (Venezia) che uccise Gianfranco Piras a colpi di kalashnikov, e Fabiano Meneghetti, 34 anni di Bovolenta. E anche la ricostruzione dei misfatti di quella banda che aveva debuttato sul finire del 2004 insieme ad Emanuele Crovi, il giostraio di 32 anni abbandonato morente davanti all’ospedale di Piove dopo essere stato ferito da un colpo di pistola esploso dal gioielliere Piras durante la rapina. I primi due assalti erano stati messi a segno il 24 dicembre 2004 all’Unicredit di Thiene e alla banca Intesa di Camisano Vicentino: due rapine in un giorno, un «primato» replicato in un paio di occasioni. Poi erano seguite altre rapine nel 2005: il 12 gennaio alla Cariparo di Padova, in via Armistizio; il 18 gennaio all’agenzia di Veneto Banca di Castelfranco Veneto e alla banca di Romano e di S.Cristina a Romano d’Ezzelino; il 21 febbraio all’Antonveneta di Carmignano, alla filiale della Banca Popolare di Vicenza a Torri di Quartesolo e alla Banca Cooperativa di Quinto Vicentino; il 25 maggio al Supermercato Cadoro di S.Donà di Piave e l’8 giugno alla filiale della Cariparo a Galliera; il 21 giugno all’oreficeria Parolin di Rosà e, da ultimo, alla gioielleria Piras di Abano. Non è ancora conclusa, invece, l’inchiesta nei confronti dei coindagati Panizzolo e Meneghetti: loro, che non hanno mai trattato, rischiano il processo davanti alla Corte d’Assise.

Cristina Genesin

 

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