Da domani, di buon’ora, porte aperte nel carcere padovano Due Palazzi e nella casa circondariale di Padova. Entro oggi pomeriggio è prevista la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo di legge sull’indulto. All’ufficio esecuzioni penali del Palazzo di giustizia da alcuni giorni stanno lavorando giorno e notte: mancano solo poche ore perché i primi detenuti, condannati in via definitiva e con pene residue da scontare inferiori ai tre anni, possano voltare le spalle alla loro condizione di carcerati. Saranno necessari alcuni giorni, tuttavia, per completare le pratiche.
Fra le ultime, quelle di chi sta già beneficiando di semilibertà, detenzione domiciliare e affidamento in prova. Ma chi potrà godere dell’indulto che condona tre anni di carcere a quanti, condannati con sentenze passate in giudicato, hanno commesso reati anche gravi come l’omicidio volontario e la rapina fino al 2 maggio scorso (esclusi particolari tipi di reati)? Circa 600 i detenuti che, condannati in primo grado dal tribunale di Padova (ma anche dal giudice monocratico e, con riti alternativi, dal gup), verranno scarcerati in via automatica se, nel loro futuro, ci sono al massimo tre anni da scontare. Solo una parte è detenuta a Padova, la maggioranza è distribuita fra varie carceri italiane. Tornerà in libertà Enrico Rotondi, l’agente di commercio oggi 42enne, condannato dal tribunale di Padova a 25 anni (ridotti in ultimo grado a 20) per l’omicidio dell’amante Gianni Decima, un bellunese 33enne ricercatore universitario alla facoltà di Economia e commercio di Ca’ Foscari. L’8 agosto 1991 Rotondi soffocò Decima nel suo appartamento di piazza De Gasperi, poi lo abbandonò lungo l’argine del Piovego a Noventa. Rinchiuso al carcere milanese di Opera, da poco ha ottenuto l’affidamento in prova: il suo difensore Cesare Vanzetti chiederà subito l’applicazione dell’indulto. E cosi Rotondi tornerà un uomo libero. Libertà anche per Carmine Tolomelli, ventiseienne napoletano che, difeso dall’avvocato Riccardo Benvegnù, nel giugno dell’anno scorso chiese e ottenne un patteggiamento allargato per sette rapine commesse in giro per la città nei confronti di altrettanti possessori di Rolex. Un patteggiamento che già gli consenti uno sconto di pena pari a un terzo, per una condanna finale di 3 anni e 8 mesi. Dopo appena un anno sarà di nuovo fuori: chissà se avrà pensato di cambiare mestiere. E chissà che cosa pensano le sue vittime. Fine pena per Marco Padovani noto rapinatore, già luogotenente di Felice Maniero (difeso dagli avvocati Marco Crimi e Cesare Vanzetti). E con lui anche per Donald Moretti, noto giostraio con residenza a Cento di fatto senza fissa dimora, e Roberto Mastini di Vedelago (quest’ultimo coinvolto in altri procedimenti penali per assalti a portavalori), sempre legati alla Nuova mala del Brenta. Difesi dall’avvocato Riccardo Benvegnù, avevano patteggiato un anno e mezzo per l’acquisto di una mitraglietta Skorpion e la cessione di esplosivo al plastico impiegata dalla Nuova mala nell’assalto a due bilndati. Forte sconto di pena (ma resta dentro) per un altro del Piovese, Flavio Zinato.
Saranno sfoltite le carceri di Padova: il Due Palazzi – la casa di reclusione destinata ai definitivi realizzata per 330 detenuti benché gli ospiti attuali siano 770 – e la casa circondariale (120 posti occupati, oggi, da 240 reclusi) in cui sono rinchiuse persone in attesa di giudizio e 60 «definitivi» condannati a pene fino ai tre anni. Questi ultimi usciranno tutti. Assistito dall’avvocato Cesare Dal Maso, chiederà la semilibertà un noto detenuto del Due Palazzi: si tratta di Peter Paul Rainer, ideologo degli Schützen, condannato a 22 anni e mezzo per l’omicidio del consigliere regionale Christian Waldner avvenuto il 15 febbraio 1997 a Bolzano. Intanto si preparano a calcolare lo sconto di tre anni chi (ancora sotto processo o indagato) rischia una condanna come Paolo Iencenella, il cassiere che ha rubato un milione e mezzo di euro all’Azienda ospedaliera. Di fronte a queste cifre fa riflettere il giudizio del dottor Giovanni Maria Pavarin, da 10 anni giudice di Sorveglianza di Padova: «È la resa umanitaria dello Stato di fronte alla sua disumana incapacità di organizzare il carcere». Pur ammettendo che «l’emergenza carceri non è mai stata cosi forte», aggiunge: «Quelli che meritavano di uscire sarebbero stati scarcerati attraverso le soluzioni già previste dall’ordinamento. Ma questo sconto indiscriminato non guarda in faccia le vittime». E conclude: «Liberiamo molti che non hanno né arte né parte, alcuni rifiutati dagli stessi parenti». Resta da chiedersi: che faranno?

 

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