VERONA – Voleva essere John Holmes. Il suo idolo era il divo dei porno film. Quello che le sciupava tutte, quelle donnine di celluloide. E del suo idolo raccoglieva le foto, in ogni posizione. Si faceva fotografare nelle stesse pose, dalle foto ritagliava la sua testa e la incollava sulle pagine delle riviste porno. Poi fotografava i giornali e mostrava i fotomontaggi alle sue vittime. Era lui l’ attore, il protagonista, lo stupratore. Voleva essere John Holmes ma forse è diventato Landru, il contadino di 35 anni di Terrazzo, paese di duemila anime, vicino a Legnago nel Veronese, in carcere dal novembre del ‘ 94, dove sconta tre anni per aver violentato una prostituta austriaca. STUPRATORE e maniaco. Adesso anche assassino. Questo il terribile sospetto degli inquirenti, dopo che hanno scoperto due cadaveri sepolti nei campi attorno alla sua casa. Domenica, un metro sottoterra, cento metri da casa, hanno trovato, chiuso in un nylon azzurro un cadavere quasi certamente di donna, senza vestiti, quasi saponificato. Poco distante, nel luglio scorso, ne era spuntato un altro, orribilmente mutilato: dentro un sacco di juta c’ era un tronco di donna, senza testa, braccia, né gambe. C’ è il sospetto che siano i corpi di due donne scomparse, le cui carte di identità sono state trovate nel cascinale degli orrori: la veronese Claudia Pulejo, 29 anni, tossicodipendente, e la serba Biljana Pavlovic, 25 anni, cameriera. La madre della Pulejo accusa Stevanin: “La sera che è scomparsa aveva un appuntamento con lui. Le aveva promesso trenta scatole di Roipnol per un servizio fotografico”. Lo accusa anche la sorella della Pavlovic: “Stavano assieme, erano fidanzati”. Lui dice che le donne che lo andavano a trovare dimenticavano spesso la borsetta, e che talvolta era lui che rubava loro documenti, rossetti, reggiseni e mutandine. Perché è un feticista. Gli esami del Dna fatti sul primo scheletro hanno escluso che fosse quello della Pulejo. Ma potrebbe essere quello della Pavlovic. Da mercoledì, dice il giudice, cominceranno gli esami sul secondo scheletro e le prove del Dna con i familiari delle due donne. Ma gli inquirenti sospettano che sotto gli otto ettari coltivati a fieno e barbabietole, ci possano essere degli altri cadaveri. Ci sono altre quattro lucciole misteriosamente scomparse nella zona. Per questo Roberto Pasqualini, che domenica ha trovato il secondo cadavere, nella decima buca, la più lunga, che ha fatto intorno alla casa, su indicazione dei carabinieri, nei prossimi giorni riprenderà a scavare con la sua ruspa. Una scelta contestata dal legale di Stevanin, Cesare Dal Maso. Lui sostiene che gli inquirenti “hanno una fonte”. Perché dopo mesi che non cercavano più niente si sono messi a scavare di domenica. Forse c’ è un testimone dei delitti che ha deciso di parlare. Forse un complice, un capo. “Mi disse che il suo capo avrebbe pagato per le foto che mi faceva” ha raccontato Gabriele Musger, la prostituta austriaca che l’ ha fatto arrestare. Lui le aveva promesso un milione. L’ aveva violentata e seviziata con un temperino. Maria Grazia Omboni, il giudice che accusa Stevanin di omicidio volontario e occultamento di cadavere, l’ ha interrogato, nel carcere di Montorio, dopo la nuova scoperta. Lui non ha fatto una piega. Ha detto che non aveva alcuna intenzione di rispondere. “E poi – ha aggiunto – di queste cose io non so nulla”. Chi l’ ha visto lo descrive “tranquillo e sereno”. Per il suo legale, invece, “era sconvolto”. “Non so, io non ho fatto quelle cose di cui mi accusano, non mi ricordo – continua a ripetere – non so nemmeno perché sono finito in galera”. Dice che è “un uomo normale”, che vorrebbe sposarsi. Non è pazzo Stevanin, dice una perizia. Grande e grosso, sembra piuttosto un tontolone, un ragazzotto cresciuto in fretta senza niente dentro. La mamma, Noemi, che è svenuta quando le hanno detto del cadavere nel campo, dà la colpa a una botta che ha preso in testa quando aveva 14 anni, in un incidente stradale. Fatto sta che Stevanin, figlio unico e mai sposato, di bizzarrie ne aveva fatte, come quando aveva finto di essere stato rapito per spillare venti milioni a suo padre, come quando si divertiva a devastare le osterie, come quando aveva trasformato il cascinale abbandonato in un tempio del sesso più sfrenato. Lì c’ erano migliaia di foto pornografiche, centinaia di riviste, falli di gomma, calze, reggicalze, mutandine, guepières, parrucche, collane, borchie, tutine di cuoio nero, attrezzi sadomaso, palline di varie dimensioni e una collezione di peli di donna. Un chilo di peli del pube. In un’ agendina, una cinquantina di nomi di donne, con le foto, le loro misure, l’ elenco delle prestazioni. Quelle donne, non solo prostitute, anche ragazzine sbandate e casalinghe sposate ed annoiate, che reclutava spacciandosi di volta in volta per produttore cinematografico, agente in cerca di modelle, fotografo di moda, campione di moto, pilota di aeroplani. Quelle donne che spogliava e rivestiva con abiti di Pigalle, che fotografava e violentava, quelle donne che compaiono, nelle foto, con un metro in mano, e le misure di lui in evidenza: 32 centimetri. Come John Holmes, il suo idolo. Gli inquirenti le hanno interrogate. L’ hanno descritto come “timido” e “disponibile”. Ma hanno aggiunto che, ogni tanto, lo pigliava un raptus, correva a prendere una corda e le legava al letto. Sul pavimento e sul muro del cascinale è rimasta l’ ombra delle macchie di sangue.

dal nostro inviato ROBERTO BIANCHIN

 

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