imageGli imprenditori Angelo Sartori e la moglie Giovanna Ermilani avevano sempre negato di avere pagato tangenti per ammorbidire una verifica fiscale. I titolari della Sea, con sedi a Tezze di Arzignano e Montecchio Maggiore, non digerivano l’accusa di avere corrotto i funzionari dell’agenzia delle entrate della città del Grifo. «Mai pagato mazzette, siamo stupefatti», ripeterono quando si videro piombare in casa la Finanza nel tardo inverno 2010. Quel 26 febbraio i coniugi Sartori appresero di essere coinvolti nell’inchiesta Reset che ha visto finire sotto inchiesta professionisti di primo piano del distretto della concia e funzionari che hanno incamerato bustarelle a piene mani per anni. Ma la coppia respinse con forza qualsiasi ruolo. «Abbiamo pagato una sanzione di qualche decina di migliaia di euro per una verifica di sei mesi della guardia di finanza – spiegarono -, non abbiamo avuto alcun contatto con i dipendenti del Fisco, anche perché i rapporti li tenevano i nostri commercialisti. Siamo del tutto innocenti». Al termine di minuziosi approfondimenti investigativi il pm Marco Peraro ha chiesto l’archiviazione, come sollecitato dall’avvocato Cesare Dal Maso, e il tribunale nei giorni scorsi ha firmato il decreto che ha posto fine alla tormentata indagine per i proprietari del gruppo leader nella produzione di trasformatori industriali che fattura oltre 70 milioni di euro.
Nelle indagini, si apprende con l’archiviazione, è stata indagata (e prosciolta) anche la fondatrice della Sea Maria Ermilani, la quale pur avendo un ruolo formale nel Consiglio d’amministrazione, vista l’età non più giovanissima – sebbene i suoi anni li porta molto bene -, non si occupa più della gestione dell’azienda, ma ugualmente era stata segnalata dalla Finanza.
Della contabilità di Sea si erano occupati i professionisti Mario Pietrangelo e Felice Floris, accusati di avere intrattenuto rapporti illegali con i funzionari erariali Roberto Soraci e Filiberto Segantini. Il nome della Sea era emerso perché i dipendenti pubblici confessando ai finanzieri della polizia tributaria le mazzette ricevute avevano parlato dei professionisti dell’azienda.
«Noi non avevamo ragione di pagare tangenti – spiegò Sartori, 75 anni, quando venne sentito – perché avevamo aderito al rilievo fiscale e avevamo incaricato il commercialista di definirlo. Ma legalmente». Come spesso accade nelle maxindagini che abbracciano molti anni i ricordi dei principali indagati non sono precisi, in questo caso i dipendenti del Fisco, soprattutto quando il tourbillon delle mazzette andava avanti con una certa regolarità da tempo.
Nei mesi scorsi i coniugi Sartori furono sentiti in procura e l’avv. Dal Maso ha prodotto documenti per dimostrare l’estraneità della coppia. Il pm Peraro ha chiesto l’archiviazione al termine delle indagini preliminari. «Il proscioglimento – hanno spiegato i coniugi, che con i figli gestiscono un gruppo che dà lavoro a 200 persone – ci ripaga delle amarezze patite perché non abbiamo mai detto a nessuno di pagare mazzette. Non è nel nostro stile lavorativo». Il tribunale ne ha preso atto.

Ivano Tolettini